Come ormai tutti sanno, l’NSA, ente governativo statunitense, si è trovato al centro dello scandalo Datagate per la richiesta di informazioni personali ai vari big dell’industria informatica, tra cui Google, Microsoft e Facebook.
Oggi ci concentreremo su quest’ultimo, dopo che il social network bluastro si è premurato di pubblicare una lista chiamata “rapporto trasparenza”, che di trasparente non ha proprio nulla. Da questa lista di evince come lo Stato italiano abbia fatto richieste di dati personali per oltre 1700 casi relativi ad un totale di 2306 account “incriminati”.
Tali richieste sono dunque state elaborate ed esaudite nel 53% dei casi. Il rapporto, di suo, è l’ennesima presa in giro del sistema di globalizzazione che punta soltanto ad invadere la privacy del cittadino anche per casi discutibili (sacrosanta l’invasione della privacy invece, a mio avviso, per questioni di sicurezza serie): davvero Facebook avrebbe pubblicato questo rapporto se in America non fosse scoppiato lo scandalo Datagate? Che senso ha ammettere la propria collaborazione solo dopo che la stessa è già stata inconfutabilmente provata in sedi giudiziarie?
Il comunicato ufficiale recita così “La trasparenza e la fiducia sono valori fondamentali per Facebook, e Facciamo del nostro meglio per seguire questi valori in tutti gli aspetti del nostro servizio, compreso nell’approccio che usiamo per rispondere alle richieste di dati da parte di enti governativi.”: il report si riferisce ai primi 6 mesi del 2013. Se lo scandalo non avesse fatto trapelare questi dati, nessuno si sarebbe sognato di fare un “rapporto trasparenza” dalle parti di Facebook.
L’ultima beffa proviene proprio dal comunicato. Tra le FAQ si legge”Facebook pubblicherà questi report regolarmente?”. La risposta è: “Sì. In futuro intendiamo pubblicare questi report regolarmente.”.
Avrebbero potuto pensarci prima, pubblicando anche i dati relativi al periodo precedente. In 9 anni dalla nascita di Facebook (tralasciando il periodo in cui era di nicchia, ovviamente), nessuno si è mai posto il problema. D’un tratto, però, la privacy è di nuovo importante.