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Ci siamo occupati spesso della bagarre che vede protagonisti due colossi assoluti nel campo della tecnologia mobile: Apple contro Samsung, una “guerra del denaro” che va avanti ormai da oltre 2 anni.

L’ultimo capitolo della saga vede l’ago della bilancia propendere dalla parte di Apple, dopo che il presidente Obama in persona, nei giorni passati, ha posto un veto sull’esecutività immediata che aveva stabilito il pagamento di alcune sanzioni da parte di Apple nel confronti della società sudcoreana, ribaltando di fatto le sentenze che indicavano delle violazioni di brevetti da parte della prima.

La US International Trade Commission (ITC) ha dunque, in ottemperanza con quanto appena specificato, stabilito la messa al bando dal suolo americano di gran parte dei prodotti Samsung, stabilendo così, a conti fatti, una prima importante vittoria per Apple. Anche se la ITC non ha specificato quali dispositivi violerebbero con esattezza  brevetti Apple, rendendone così illegale l’importazione, la rete rumoreggia su possibili modelli di punta quali Samsung Galaxy S II e Galaxy 10.1. Non è però escludo che anche prodotti più recenti possano rientrare in questo provvedimento.

La decisione di Obama è di quelle che non ti aspetti: era dal 1987 che un presidente degli Stati Uniti non facesse ricordo al veto per entrare in contrapposizione con un decreto ufficiale dell’authority. La “vittoria” è, però, temporanea, visto che dallo stop si avrà ora un periodo della durata di 60 giorni entro i quali ci si dovrà nuovamente pronunciare sulle ragioni di questo veto: se il giudizio finale non sarà in linea con la posizione di Obama, stabilendo dunque dei pagamenti contro Samsung c’è il rischio, per Washington, di fare la figura davanti a tutto il mondo di voler mascherare un conflitto di interessi che vale 400 miliardi di dollari annui al costo di favorire una società nazionale anzichè una estera senza una reale motivazione (e contro la legge).

C’è comunque da dire che le tecnologie adoperate dalle due società non sono equiparabili a delle leggi su cui ci si può esprimere a rigor di logica: esse sono infatti considerate qualitativamente differenti: Samsung ha sempre reso noto che le tecnologie che, secondo Apple, violavano alcuni brevetti, riguardavano in realtà caratteristiche di base, rendendo di fatto la decisione dell’ITC illegittima. Nel caso in cui, invece, a vincere fosse Apple, i due brevetti violati riguarderebbero una gamma di tecnologie multitouch sugli schermi dei dispositivi ed una tecnologia di riconoscimento sita nelle cuffie.

L’ITC non potrà più pronunciarsi in merito ad alcune altre presunte violazioni, in quanto ha già giudicato Samsung non colpevole riguardo, ad esempio, i presunti design copiati dei propri dispositivi, infrazione, secondo Apple, ben più ampia. Dopo tali verdetti, Samsung è comunque costantemente al lavoro su tecnologia che possano aggirare tali presunte violazioni, onde evitare ulteriori problemi futuri.

Oltre a ciò, c’è da dire che altri colossi del settore hanno preso parte alla guerra in atto, come ad esempio Google che, fornendo Android alla società sudcoreana, si è apertamente schierata dalla parte di Samsung. Alle spalle di Apple ci sono però altri colossi non meno importanti, come Microsoft ed Intel, le cui espansioni sul mercato dipendono, in parte, dall’esito della sentenza sul poter utilizzare o meno alcune tecnologie di base (nel caso venisse stabilito che tali tecnologie appartengano, ad esempio, a Samsung, anche loro dovrebbero riorganizzare le proprie tecnologie per rispettare la decisione dell’ITC). C’è, dunque, grande apprensione per grandissima parte dei colossi del mondo tecnologico dietro questa sentenza imminente.

Insomma, è dal 2011 che la bagarre va avanti e la cosa non sembra destinata a concludersi pacificamente. Una cosa è certa: l’amministrazione Obama osserva un aumento di dispute legali sulla proprietà intellettuale del 30% rispetto allo scorso anno, per un totale di 5189. Una tra le priorità assolute rimane, dunque, porre un argine ai cosiddetti “patent troll”, società che acquistano brevetti dai “pesci piccoli” non per scopi di produzione industriale ma solo per ostacolare per vie legali i concorrenti, fermando di fatto il progresso e limitandosi ad un guadagno becero ottenuto grazie ad un tribunale, e non al progresso.